diariodiunafemina

Quella volta che fui Regina di Napoli

In Spogliatoio di feminà on 01/04/2019 at 10:49 PM

Sto immaginando come aggiustare i capelli nel giorno in cui mi proclamerai “Regina del Regno del sud Italia” a Capri, prima di partire per Amalfi con la barca che prenderemo tra centinaia  nel porto di Napoli.

Sceglieremo puntando il dito medio della sola mano libera dalla mano dell’altro e dormiremo in mezzo al mare, avendo il cielo non per coperta, che questa metafora se la sarebbero aspettata tutti, ma per lampadine.

Non come il cielo finto che ho sul letto della mia piccola casa e che tu dici essere un cielo stellato.

Faremo colazione su una terrazza diversa ogni giorno, purché si veda il mare abbastanza da vicino e il sole uscire dal nulla. Ci sdraieremo dappertutto per fermarci a parlare dell’universo e sara uno spettacolo di parole. Berremo Lacryma Christi a Posillipo tutte le sere e quando ti ricorderai che hai sempre troppo freddo, ti ricorderó che io ho paura dell’estate.

Mangerò una quantità di Nutella superiore ai miei sensi di colpa, e sará solo la metá della tua.

Finirà che mi assorbirai tutto il calore e mi dovrai lasciare tutta una coperta per riuscire a dormire.

E io continueró a chiedere “perché?”

 

Platone tu non hai idea

In Spogliatoio di feminà on 23/09/2017 at 10:57 PM

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Ma voi avete mai pensato al fatto di esservi talmente abituati all’idea che avete di voi da non poter assolutamente uscirne fuori per riprendere controllo e libertà?

Penso che lo abbiate pensato,
infatti questo è normale.

Io penso che il caso eccezionale sia essere così immersi, non consci, ciechi e accecati da sé da riuscirsi a vedere davvero solo con gli occhi di qualcun altro.
Questo è speciale.

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Io per esempio mi sto affezionando a delle fan page Facebook da femmina che fanno vacillare quella considerazione di femina perennemente nuda come modestamente mi battezzai. Mi sto ri- scoprendo, e pure stavolta mi spoglio, nonostante poi l’unica lettura che mi piaccia di me è questa vestita senza nome e senza volto, senza un corpo.

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Ho trovato una nuova àncora che mi riesce a tener ferma, l’ho comprata al mercato de “le esperienze necessarie che però mi sarei risparmiata”, tra una montagna di munnezza di ragionamenti lucidi con cui spiego quello che pare muoversi da dentro a fuori da me.

Non vorrei esagerare ma in questa discarica di cose che sono successe, pare io abbia toccato un momento di equilibro simil scoppio primordiale che abbia unito tutto il necessario a creare qualche cosa di materiale, come una convinzione radicata.

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Penso con decente fermezza che la felicità sia una scelta, e che avendo io una particolare attitudine alla solitudine, sia abbastanza brava a sapere di cosa ho bisogno per sentirmi col vento in poppa.

Leggendo poi cose da acculturata (in realtà volevo un momento darmi un tono) ho ri- scoperto Platone, che si è impegnato meglio e più di me a definire certe situazioni.

Platone è andato a dire in giro che noi conosciamo e riconosciamo il mondo da esperienze trascorse che hanno costruito la nostra anima immortale.

Vuol dire che dentro di noi esiste un mondo che si è evoluto indipendentemente da quello che ci ricordiamo e che oltre a non contare un cazzo quello che razionalmente pensiamo perché siamo lentamente portati a limitarci verso le abitudini, noi sappiamo riconoscere il buono e il non buono andandocene pure solo per un’idea.

 

Infatti non essendo proprio l’ultimo parcheggiatore abusivo del mondo, Platone, chiamò questa situazione “mondo delle idee”.

Ora, se non volessi considerare le mille pippe moderne che ho in testa mia e che sono forse date dai selfie più provocanti dei miei (che di professione faccio la provocatrice) da tipe zen che si immortalano alla stregua di fenotipi di milf e escort, ecco; se solo non volessi considerare il morbo di san Vito tutto personale nel rimettere in discussione la qualunque cosa, persona, fidanzato, amante, gente, cliente non abbastanza esclusivo e eccellente in quanto rischioso della mia personale pianificazione di felicità. Insomma, se io non badassi ai miei personali e attuali disagi, io comunque devo dar conto a Platone

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Foto di Anita Dada

Metti che io ho dentro di me un’idea di come dovrebbero essere le cose e se non la rispetto io sputo in faccia a tutta la gente che mi ha consegnato l’anima che mi trovo oggi. Il che, a parte non essere giusto per un fatto di riconoscenza, mi pare pure improduttivo se pensi che la mia natura mi ripete continuamente:

“Scema ma che stai facenn?”

“Stiamo esagerando, tu lo sai no che stiamo esagerando?”

“L’original è altra cosa! Te ne vai o no?”

E viveteci voi con la strofa in testa, fingendo di saziarvi di junk food quando avete l’inclinazione gourmet.

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E mo che ci penso, secondo me Platone voleva farmi capire che non devo farmene una ragione ma un’idea, anzi devo farmene tutto il mio mondo di idee perché è un favore che devo al mio Dio.

Che poi sarei io.

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Quella femmina del mio ex

In Spogliatoio di feminà on 19/01/2017 at 10:13 PM

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Non volevo essere ironica nel titolo.

Stanotte, per scrivere, non ho lavorato su alcun senso di rabbia e pentimento. La mia amorevole analisi di merda nasce da una ponderata riflessione su quel femmina del mio ex. Ed è durata silenziosamente per qualche mese, anche se l’ho capita all’improvviso ed è così che ho capito che la sapevo da sempre questa verità.

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Quando la prima domanda da porsi sarebbe; ne’ ma tu ancora stai parlando?
La risposta naturale è; pretendere ordine per capire come sia stato mai possibile che io abbia perso tanto tempo. Io, che nel frattempo salgo i 5 piani di casa mi organizzo pure gli affondi per non ammollare il culo. Io, che di pensare di perdere tempo non c’ho tempo… Io proprio ho perso giorni di serenità e vita per raccontare a me stessa che tutte le cose sono possibili volendole.

No bellimiei, ci sono cose che non sono possibili e quando dentro sentite una voce che pacatamente sussurra “Amore bello mio di te stessa, scappatene subito che qua farà sempre freddo” voi dovete abbandonare le prefigurazioni della razionalità e ve ne dovete fuggire veramente, perchè se in un rapporto sentite sempre freddo dentro, vuol dire che gli abbracci non arrivano laddove servono. E il mondo intorno non cambia colore, e il giro al centro commerciale è veramente una delle cose peggiori al mondo senza via di recupero, e la risata è sempre un poco tirata, e il malessere è dietro ogni gesto, e il pensiero vive nel “potrei stare meglio di così”. E allora devi capire che sei infelice, che infelice si scrive e pronuncia in un modo solo, INFELICE. Non in altro modo che i-n-f-e-l-i-c-e.

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E la felicità d’altronde, che cazzo di sentimento è? Ah non è sentimento, è emozione. No aspè, è condizione. E’…suggestione? La felicità è… la ricompensa, l’incentivo, il dovere e il rischio di dover scegliere a malincuore ma con lucidità. E’ il fiato forte. Si uagliù è così, l’ho trovata; la felicità è avere fiato a sufficienza in corpo per correre così veloce e così lontano da malesistenze che, per quanto meravigliose, hanno piani di vita diversi che non prevedono di volare.

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