Ma voi avete mai pensato al fatto di esservi talmente abituati all’idea che avete di voi da non poter assolutamente uscirne fuori per riprendere controllo e libertà?
Penso che lo abbiate pensato,
infatti questo è normale.
Io penso che il caso eccezionale sia essere così immersi, non consci, ciechi e accecati da sé da riuscirsi a vedere davvero solo con gli occhi di qualcun altro.
Questo è speciale.
Io per esempio mi sto affezionando a delle fan page Facebook da femmina che fanno vacillare quella considerazione di femina perennemente nuda come modestamente mi battezzai. Mi sto ri- scoprendo, e pure stavolta mi spoglio, nonostante poi l’unica lettura che mi piaccia di me è questa vestita senza nome e senza volto, senza un corpo.
Ho trovato una nuova àncora che mi riesce a tener ferma, l’ho comprata al mercato de “le esperienze necessarie che però mi sarei risparmiata”, tra una montagna di munnezza di ragionamenti lucidi con cui spiego quello che pare muoversi da dentro a fuori da me.
Non vorrei esagerare ma in questa discarica di cose che sono successe, pare io abbia toccato un momento di equilibro simil scoppio primordiale che abbia unito tutto il necessario a creare qualche cosa di materiale, come una convinzione radicata.
Penso con decente fermezza che la felicità sia una scelta, e che avendo io una particolare attitudine alla solitudine, sia abbastanza brava a sapere di cosa ho bisogno per sentirmi col vento in poppa.
Leggendo poi cose da acculturata (in realtà volevo un momento darmi un tono) ho ri- scoperto Platone, che si è impegnato meglio e più di me a definire certe situazioni.
Platone è andato a dire in giro che noi conosciamo e riconosciamo il mondo da esperienze trascorse che hanno costruito la nostra anima immortale.
Vuol dire che dentro di noi esiste un mondo che si è evoluto indipendentemente da quello che ci ricordiamo e che oltre a non contare un cazzo quello che razionalmente pensiamo perché siamo lentamente portati a limitarci verso le abitudini, noi sappiamo riconoscere il buono e il non buono andandocene pure solo per un’idea.
Infatti non essendo proprio l’ultimo parcheggiatore abusivo del mondo, Platone, chiamò questa situazione “mondo delle idee”.
Ora, se non volessi considerare le mille pippe moderne che ho in testa mia e che sono forse date dai selfie più provocanti dei miei (che di professione faccio la provocatrice) da tipe zen che si immortalano alla stregua di fenotipi di milf e escort, ecco; se solo non volessi considerare il morbo di san Vito tutto personale nel rimettere in discussione la qualunque cosa, persona, fidanzato, amante, gente, cliente non abbastanza esclusivo e eccellente in quanto rischioso della mia personale pianificazione di felicità. Insomma, se io non badassi ai miei personali e attuali disagi, io comunque devo dar conto a Platone
Foto di Anita Dada
Metti che io ho dentro di me un’idea di come dovrebbero essere le cose e se non la rispetto io sputo in faccia a tutta la gente che mi ha consegnato l’anima che mi trovo oggi. Il che, a parte non essere giusto per un fatto di riconoscenza, mi pare pure improduttivo se pensi che la mia natura mi ripete continuamente:
“Scema ma che stai facenn?”
“Stiamo esagerando, tu lo sai no che stiamo esagerando?”
“L’original è altra cosa! Te ne vai o no?”
E viveteci voi con la strofa in testa, fingendo di saziarvi di junk food quando avete l’inclinazione gourmet.
E mo che ci penso, secondo me Platone voleva farmi capire che non devo farmene una ragione ma un’idea, anzi devo farmene tutto il mio mondo di idee perché è un favore che devo al mio Dio.
Che poi sarei io.